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Lou Reed - Transformer (1972)

Recensione

Dopo la felice esperienza con i Velvet Underground, Lou Reed si traferisce a Londra per dare una spinta alla sua carriera solista, fino ad ora non troppo fortunata. L'opportunità gli viene offerta da una grande casa discografica, la RCA, ed è fortemente caldeggiata dall'amico/produttore Andy Wahrol. A Londra la creatività di Reed trova terreno fertile per i suoi dischi: influenzato dall'ambiente "glam" decide di dar voce al carattere trasgressivo di un popolo sotterraneo di giovani londinesi, ormai disillusi dalla generazione "peace and love" degli anni 60 e che cercano la trasgressione nelle più colorite forme di travestimento e di ambiguità sessuale. Le intenzioni dell'album sono ben esplicitate fin dalla copertina del disco che ritrae l'artista come un Frankenstein effemminato con la sua "glittering guitar".

La prima canzone dell'album, "Vicious", diventa l'emblema di un album ispirato alla bisessualità e al travestimento ("transformer", appunto): "Vicious/ you hit me with a flower/ You do it every hour/ oh baby, you're so vicious". L'arrangiamento della canzone prende forma in un riff volutamente semplice e scarno, scandito dalla ruvida chitarra distorta dell'abile Ronson. La voce che accompagna la canzone rimane comunque limpida, giocosa e vivace.

"Perfect day" è invece la ballata indimenticabile del disco. Una traccia stile jazz in cui l'artista esprime tutta la sua sensibilità poetica. La canzone è scandita da momenti semplici, trascorsi con l'amata: la quotidianità di una giornata al parco è l'antidoto, lo spiraglio di ottimismo per affrontare le inquietudini della giornata e i fanasmi della notte.

"Hanging round" è invece un brano più movimentato che mette in discussione la credibilità di alcuni personaggi che, con la pretesa di essere trasgressivi, risultano essere soltanto patetici.

"Walk on the other side" è una canzone in puro stile glam, popolata dalle figure di ambigui personaggi della scena newyorkese. Vuole essere anche l'omaggio al teatro dell'amico Andy Wahrol: un palcoscenico che voleva dare spazio di espressione a vari personaggi di dubbia inlinazione e provenienza. Dal punto di vista teatrale, l'idea non ebbe molto successo al contrario della canzone che ancora oggi è considerata un classico del glam. Agli esordi la canzone venne accolta con scetticismo dalle emittenti radio che la trasmettevano in versione censurata, in quanto contenente frasi inneggianti al travestitismo e alla prostituzione.

"Satellite of Love" è un'altra felice ballata dell'album. La canzone glam per eccellenza in cui spicca la voce di David Bowie, amico e collaboratore di Reed, che si esprime in note altissime. La canzone si incentra sul tema della gelosia.

Al di là dei contenuti, le canzoni dell'album funzionano alla grande: giocose e ironiche, esprimono la realtà malata e perduta di una New York inesplorata e perversa (il "lato selvaggio ", appunto!). L'abilità di Lou Reed, al di là dei grandi arrangiamenti, è stata quella di portare alla luce il mondo sommerso della società del vizio senza tuttavia osannarlo o esprimere un giudizio morale. In quest'ottica le canzoni non sono altro che delle vivide istantanee della realtà nuda e cruda, che ci invita ad aprire gli occhi e la mente, per guardare il lato oscuro con occhi diversi, per coglierne con ironia gli aspetti più vivaci e giocosi.

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